domenica 12 ottobre 2014

Revisionismo storico e teatro (di Giovanni Sessa)

Recessi, drammi, cause remote degli eventi della storia del Novecento sono stati colti in profondità più dalle pagine chiarificatrici della letteratura, che non dall’asettico approccio della ricerca storico-accademica. Si pensi, tra i tanti esempi possibili, al tratto realmente disvelativo che connota Masse e potere di Elias Canetti, in tema di totalitarismo, o il Gattopardo di Tommasi di Lampedusa, in merito alla storia del Risorgimento e al trasformismo dei nostri governi nazionali. Tale tendenza è, senza ombra di dubbio, confermata da una commedia di Claudio Mauri, saggista e romanziere, Il male viene dal cielo, pubblicata da Tabula Fati editore (per ordini: 335/6499393; edizionitabulafati@yahoo.it).
    Il testo è ambientato in una camera d’albergo nella Milano degli anni Settanta. I protagonisti sono due turisti americani, James e Jane, in viaggio di piacere nel Bel Paese. Tutto accade in una giornata d’ottobre, luminosa e solare nel primo pomeriggio lombardo e, all’occaso, gradualmente pervasa dalle ombre della sera. In questa stanza fanno improvvisa irruzione, annunciati dal portiere, un uomo dall’aspetto anonimo, Luigi Maestrelli, assieme ai suoi anziani genitori. A tutta prima, i tre risultano degli emeriti sconosciuti agli occhi degli americani. Tuttavia, la storia che Maestrelli racconta, in modo drammatico e coinvolgente, ha per protagonista negativo ed inconsapevole proprio James. 
   Questi, infatti, il 20 Ottobre del 1944 era uno dei piloti del 451° Bomb Group dell’aviazione statunitense che, a guerra praticamente conclusa, avrebbe dovuto bombardare lo stabilimento Breda. Milano era una città senza più possibilità di difesa e, come è stato mostrato da tanta letteratura specialistica in argomento, gli obiettivi industriali da colpire non erano più ubicati nel capoluogo lombardo. Anche nel lontano 1944 la giornata si annunciava decisamente bella e soleggiata, ma quando la prima ondata di aerei del 451° si avvicinò all’obiettivo della Breda, un gusto al dispositivo di scarico degli ordigni lì fece cadere, prima del tempo, sulla circostante campagna. La seconda ondata dello stormo sbagliò la rotta d’attacco di 15°, il capo formazione decise: “…di liberarsi immediatamente delle bombe sganciandole sulla popolazione civile, colpendo i quartieri di Gorla, Turro, Precotto…provocando la morte di 184 bambini della scuola elementare Crispi” (p. 10). Un gesto gratuito e terribile, visto che le bombe avrebbero potuto essere sganciate su luoghi disabitati, durante il percorso di ritorno. Tra i bimbi morti, il piccolo Alfonso, fratello di Luigi, che quella tragica mattina avrebbe voluto rimanere con lui a giocare a calcio nei prati, assieme ai chiassosi coetanei, senza andare a scuola. Fu il padre a costringerlo a frequentare le lezioni.
   La figura paterna, tratteggiata con empatia da Mauri, è assolutamente dolente. Fuori di sé dopo il ritrovamento sotto le macerie del cadaverino di Alfonso, è rimasto in vita al solo scopo di attendere l’impossibile ritorno del figlio, aiutato e sostenuto, per tanti anni, dalla moglie, a sua volta straziata dal dolore. Solo sulla scena teatrale, da sempre adusa a presentare il dramma della vita, sarebbe stato possibile rievocare questo evento minore e misconosciuto, ma al tempo stesso chiarificatore, della Seconda guerra mondiale. Esclusivamente nella rappresentazione scenica, la tragedia dei Maestrelli, tipica tragedia italiana di quegli anni, in una processo catartico perfettamente reso dall’autore, poteva toccare in profondità il cuore di James e della moglie. Il pilota, infatti, all’epoca si era limitato ad obbedire agli ordini e non era a conoscenza della carneficina prodotta dal bombardamento che, a distanza di tempo, lo colpisce schiacciandolo improvvisamente sotto il peso del rimorso.
   Mauri, che riconosce il proprio coinvolgimento emotivo nella narrazione, ha il merito di indurre nel lettore (presto ci auguriamo anche nello spettatore, grazie alla messa in scena della commedia), un profondo senso di disagio rispetto ai protagonisti e alla vicenda. Il testo si rivolge a chi: “…crede che la vita abbia un senso soprattutto se è ricerca della verità” (p. 19), e la verità di cui Il male viene dal cielo è latore, è stata per troppo tempo sottaciuta. La storia, infatti, è in genere scritta dai vincitori. Il “sangue dei vinti”, anche quando si tratti di civili e addirittura di bambini, non ha voce, non deve trovare ascolto.
    Ma le guerre accrescono la loro drammaticità se la verità viene affossata dall’atteggiamento manicheo, che legge il bene presente da una sola parte e criminalizza l’altra. Nel dopoguerra, i “nuovo padroni” avrebbero voluto edificare, là dove sorgeva la scuola Crispi bombardata, un cinema. Le proteste dei coraggiosi genitori dei bimbi le cui vite furono anzitempo recise dalle bombe USA, impedirono lo scempio della memoria storica ed ottennero che sulle macerie venisse eretto un monumento-ossario a ricordo perenne della strage. Tutti i morti, ci ammonisce Mauri con Pavese, devono avere riconoscimento di pari dignità. Questo libro restituisce la dignità a chi, durante l’ultimo conflitto, non ebbe la fortuna di perdere la vita dalla parte “giusta”. E lo fa servendosi della più accreditata ricerca storiografica, com’è confermato dalla prefazione di Alessandro Colombo, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Milano.
    Nei suoi studi Colombo ha chiarito come le guerre industriali del Novecento, le guerre del terrore pianificato, furono l’esito più del dominio della tecnica che del fanatismo politico, appartengo: “…più alla sfera della ratio che a quella della passio” (p. 6). E se è vero che fu un generale italiano, Giulio Douhet, a teorizzare per primo l’uso del bombardamento strategico, tale strategia fu successivamente sviluppata appieno dallo stato maggiore dell’aviazione inglese. La dottrina del Moral Bombing: “…il bombardamento morale, nacque ufficialmente nel 1928 nell’ambito della RAF ben prima dell’avvento di Hitler” (p. 13). Anzi, Colombo riferisce che durante la Seconda guerra mondiale: “furono…gli stati democratici…ad abbracciare con più decisione il concetto totalitario di guerra implicito nelle teorie del Moral Bombing, mentre gli stati totalitari…privilegiarono un impiego tradizionale dell’aviazione” (p. 13). Le statistiche confermano quest’affermazione: l’aviazione anglo-americana provocò 1.500.000 di morti, l’aviazione dell’Asse 240.000. La strage della scuola di Gorla, pertanto, fu il risultato della medesima strategia militare che produsse le immani carneficine di Dresda e Tokio, per non parlare di quelle di Hiroshima e Nagasaki.

   Per chi abbia a cuore la verità, dopo la pubblicazione de Il male viene dal cielo, il 20 ottobre non può più essere un giorno come un altro.  Riflettere, su quanto accaduto allora, sarà utile affinché gli italiani recuperino una memoria condivisa.

Giovanni Sessa

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